Vagabunda posa davanti la tomba dell’emiro

Samarkanda
20/05/2000

“Tutto quello che ho sentito dire di Samarkanda è vero, ma è più bella di quanto mi aspettassi”, diceva Alessandro Magno dopo averla espugnata nel 329 avanti Cristo. Parole sante, la città sprigiona una magia superiore alle aspettative, le pietre hanno colore e calore, si sente la presenza di un sovrano che volle farla capitale del regno, magnifica e superba. C’è un respiro principesco, un senso dell’armonia, del gusto e della grandezza. Cupole, lapislazzuli, minareti, arcate ombrose, portali, mosaici incredibili, giardini. Le tigri ruggenti della Medressa di Sher Dor, nella piazza sterminata del Registan, quei colori delle pareti che danno combinazioni di luce diverse a seconda dell’inclinazione dei raggi del sole, lo slancio dei minareti…Pare che gran parte sia stato ricostruito, i sovietici hanno anche scavato la base del complesso. Ma rimane uno dei monumenti che fanno a buon diritto la storia del mondo. E dire che Samarkanda è stata distrutta e ricostruita più volte, che durante il diciottesimo secolo fu addirittura abbandonata dopo una serie di devastanti terremoti. Suggestiva, al tramonto, la visita alla strada funeraria, con i mosaici più belli, simili a quelli luminescenti di Caltagirone. Davanti alla tomba dell’emiro abbiamo portato le nostre auto italiane e ce le siamo fotografate di gran gusto, sullo sfondo della cupola scanalata azzurra. Timur e-lang, Timur lo zoppo, Tamerlano per noi, era alto di statura (1,70 accertarono gli antropologi sovietici che aprirono le cripte nel ’41) e menomato alla gamba e al braccio destro. Feroce e sanguinario, risparmiava la vita agli artigiani e agli architetti che poi abbellirono Samarkanda. In lontananza, il profilo della città (che sorge a oltre 700 metri di altitudine) è lo stesso da 600 anni: minareti e cupole blu, un’emozione che difficilmente si dimentica. Vagabunda sta meglio: sistemata a opera d’arte la marmitta, saldata la balestra, sostituito lo spinterogeno, controllati tutti i livelli, messo a posto addirittura lo specchietto retrovisore esterno e segata la vite di un bullone che mi dava fastidio. Pronti a ripartire e a difenderci, domani, su una “speciale” di 70 chilometri a 70 orari.