Sahara Challenge

Le persone non fanno i viaggi,
sono i viaggi che fanno le persone.
(John Steinbeck)


Sahara challenge per noi non ha storia, se non per il nostro attraversamento del Marocco durante la parte finale del Giro del mondo in 80 giorni. Philip Young ha riproposto questo paese scintillante, sanguigno, pieno di storia e contrasti, di odori, di occhi interessati e vivaci. E ha scelto nuovamente la formula che ha avuto tanto successo l’anno scorso con il Safari challenge: gara sì, ma senza esagerazioni; un buon pizzico di turismo; molta socialità. Mia figlia Silvana io dovremo  confrontarci con altri trenta altri equipaggi entusiasti, quasi tutti esperti. Gente gioviale, birra a fiumi, grande disponibilità a “fare la gara”.
Punto di riunione a Ronda, un gioiello a nord di Malaga, con panorami mozzafiato e strapiombi sul Tago. Traversata, prima tappa Tangeri-Fes. Poi il primo test lungo una pista nelle vicinanze delle dune El Chebbi. Zagora (dove c’è ancora il cartello che indica la distanza per Timbuctù: 52 giorni di cammello). Ouarzazate con la Valle del Draa e i suoi milioni di palme, lo splendore di Marrakesh. Giorno di riposo e poi ritorno a Fes e Tangeri per la serata di gala.
Classifica che sarà sostanzialmente determinata da tre prove speciali: due test abbastanza brevi su percorso sabbioso buono e veloce; l’ultima, undici chilometri di sterrato impegnativo, qualche buca profonda, salti e pietraie. Il percorso non sarà comunque un “comodo trasferimento”: 60 di media su asfalto spesso senza traffico, ma talvolta lungo asperrime salite, come quella del terribile Tizen test, che parte da un cartello recante la scritta “curve per 120 km”.