Il nightmare dei passaporti

Bangkok - Siem Reap
12/03/2008

Una giornata scema sin dall’inizio, tipica dei “rallisti per caso”. Si comincia con la solita gag dei passaporti, “Il mio l’hai preso tu?”, “Certo l’ho messo insieme al mio”. Che è la maniera migliore per lasciarli tutti e due in albergo. Ma prima di accorgercene, sveglia alle 5,43, partenza alle 6,58, errore tragico (colpa del road book) alle 7,06. Ritrovare una strada a Bangkok equivale a una rissa in famiglia. Prima delle 10,30 siamo al confine e comincia il nightmare dei passaporti. Restiamo cinque ore sotto il sole cocente della frontiera. Milioni di carrettini, camion da cartoni animati, donne bambini povera gente tutti a spingere povere cose per conto terzi. Loro sono solo trasportatori, neppure il carico gli appartiene, ma sono sempre pronti ad offrirti un sorriso. Poi finalmente alle 15.20 arrivano i passaporti e ripartiamo. Strada tutta una buca, tra polvere e capanne, deviazioni e motorini. Una interruzione più seria delle altre ci spinge in una stradina di campagna, dove Gwendolina passa appena. E ci cadono le braccia quando incontro ci viene un pullman. Poco prima delle 19 - è già imbrunire - è come se finisse la benzina. Sotto l’auto una grande macchia di carburante; accanto, il frastuono insopportabile di una megadiscoteca a mille decibel. Un ragazzo si offre di aiutarci, fa venire un suo amico meccanico. Dopo un’ora nella notte, per fortuna, si riparte. Hotel, docce, cena, pasticca contro la malaria (ci manca solo ammalarci…).