Lungo il Volga

Lungo l’M7 - Tsivillsk
15/06/2007

Scendere rintronato dalla cuccetta del camion dove abbiamo trascorso la notte, infangarsi per andare verso le latrine, essere assalito alla gola da un lezzo disgustoso. Provare una colazione, inoltrarsi nella steppa alla ricerca di un po’ di riservatezza ed essere punto in tre posti del corpo che è necessario esporre per la bisogna. Bene, si riparte. Per 800 chilometri ci scorre davanti la Russia del Volga, il fiume più grande d’Europa che traverseremo la sera a Kazan: grande come la terra che irriga. Un terzo del pescato sovietico proviene dalla sue acque, dighe a non finire per l’elettricità, centinaia di approdi attrezzati per il trasporto. Diciamo che lo sfruttano a dovere. Lui se ne resta maestoso e solenne, ospita ville, villette e baracche lungo le sponde, gente dalla pelle bianchissima che prende il sole o fa il bagno. Noi raggiungiamo la carovana, Vassilj è divertito a vederla. Con un pacchetto di sigarette fa 300 chilometri, tracanna sorsate d’acqua da mezzo litro, ha due prosciutti al posto delle braccia. Rita dice sembra Charlie Brown da vecchio. Gli piace il rock sovietico-satanico, un misto di disco-music martellante e cori dell’Armata Rossa. Per fortuna lo distrae il baracchino. Cena con una bustina di alicette affumicate e seccate. Non ci capiamo nemmeno a gesti, pure la sua mimica è diversa dalla nostra. Ci viene incontro una sposa, non si capisce se fa parte del rito matrimoniale e se entrambi hanno bevuto troppo. Vassilj me lo spiega in cinque minuti. Epperò, in russo

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