I desolati del Katchchh

Gondal - Nakhatrana
07/02/2013

Tanto per cominciare, la grafia esatta di questa landa é Kachchh. E la profusione di acca dovrebbe dirla lunga sulla desolazione del territorio, inferiore soltanto a quella del villaggio dove siamo finiti. Affranti non solo per la sistemazione alberghiera (bungalow disadorni, piscina lasciata marcire come l’erba, bicchieri di plastica lungo i tristi vialetti); ma anche per la difficoltà di trovare qualcosa da fare nel raggio di cento di chilometri. Guide e road book, per la verità, qualche consiglio lo danno. Lo svago più memorabile dovrebbe essere quello di visitare la collina di Dinodar, citata nell’enciclopedia degli sfigati perché una volta un disgraziato bestemmiò la divinità e quella decise di punirlo facendolo stare dodici anni a testa in giù. Scontata la condanna, il bestemmiatore scelse di redimersi fondando l’ordine monastico delle Orecchie mozzate. Capite bene quale livello di allegria circoli qui. Il Kach diventa un’isola stagionale quando arrivano i monsoni e il mare invade tutti i bassipiani, rendendo salina - e infertile - la terra. Si salvano solo le parti poco più elevate, ma tutt’intorno è un marasma di acque putride. Poi il fango si secca e tutto ritorna deserto. Però la vita agreste, direte, il contatto con la natura... Matrigna e carogna pure lei che nel 2001 ammazzò con terremoto 30.000 persone. Abbiamo tentato una botta di vita, “Dài facciamo una spaghettata!”. Lo chef aveva solo mezzo chilo di cannolicchi ritorti. Scaduti ad agosto.