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Come ha fatto Tomas a “scappare” dall’Inghilterra per ricongiungersi il prossimo 19 giugno con tutta la carovana del “suo” rally a San Marino? Le autorità preposte alle urgenze nel rilascio dei passaporti gli avevano detto che ci sarebbero volute una o due settimane. Quando sembrava tutto perduto, è venuto fuori lo spirito dei Vargas Machuca: s’è tagliato la barba di tre settimane e s’è presentato al varco doganale del porto di Folkestone con la vecchia Bentley. Ha esibito il passaporto tutto bruciacchiato nell’incendio della American La France. La pagina con foto e dati personali era leggibile, con un po’ di buona volontà. L’addetto agli espatri l’ha guardato in faccia, ha dedotto che si trattava proprio della stessa persona, ha messo un timbro e via.
A tarda sera si sono fermati a nord di Parigi. A fianco di Tomas c’è Matt, un collaboratore che sembra spuntato da una serie di film in cui tutto può accadere: basti dire che ha intenzione di tornare in Kirghistan, riprendere la bicicletta che ha sotterrato e continuare il suo giro del mondo a pedali…
Oggi si sono sciroppati oltre 700 chilometri di stradine secondarie a bordo della traballante ma solidissima Bentley del ‘27. Dovrebbero essere dalle parti di Digione…Domani contano di superare il Frejus ed entrare in Italia. È fatta, ci vedremo a San Marino.
L’avventura post-incendio della American la France si potrebbe dire conclusa. Ma lo sceneggiatore segreto che sovrintende al racconto (dev’essere lo stesso di Hellzapoppin, la commedia più surreale della filmografia americana) ha avuto un colpo di genio: la consegna del nuovo passaporto a casa di Tomas a Londra! Con un particolare ulteriore che colora il tutto di amara fantasia: il percorso del documento (non era complicato Londra-Londra) ha avuto Glasgow come tappa intermedia…
“Siamo riusciti a superare le sofferenze fisiche, la sabbia, il caldo, i guasti meccanici... anche una grande palla di fuoco che ha semidistrutto la nostra automobile…Ma contro la burocrazia non c’è stato nulla da fare. La nostra avventura alla Pechino-Parigi è finita!”.
Davvero sconsolato - in mattinata - Tomas de Vargas Machuca, ceo di Hero-Era e concorrente del rally intercontinentale più antico, prestigioso e impegnativo al mondo. La sua American La France, 9.000 di cilindrata, era riuscita a superare per tre settimane le piste dei deserti cinesi (Gobi e Taklimakan), le interminabili steppe del Kazakistan e stava per raggiungere il porto di Aktau per la traversata del mar Nero, destinazione Baku, insieme a un’altra settantina di macchine del rally. Una perdita di benzina dall’enorme serbatoio ha innescato un incendio che ha avvolto e semidistrutto la vettura (telaio e motore in acciaio hanno resistito alle fiamme). Tutti gli effetti personali erano custoditi sottovuoto in un borsone di pelle e si sono bruciacchiati. L’ambasciata inglese in Azerbaijan ha rilasciato a vista un passaporto provvisorio, nel pomeriggio del giorno dopo Tomas era già a Londra, deciso a prendere una Bentley del ‘27 per ricongiungersi agli altri equipaggi e concludere così un’avventura che aveva raccontato tutti i giorni con riprese in diretta e da bordo.
Si è rasato la barba di tre settimane, ha preso un appuntamento per le urgenze e si è presentato baldanzoso all’apposito ufficio, col passaporto bruciacchiato e quello temporaneo ottenuto a Baku.
All’uscita ha riattivato la diretta, con la disperazione dipinta sul volto: “Contro la burocrazia non si può lottare”, ha detto cupo e rassegnato. “Ci vorranno un paio di settimane per avere il nuovo passaporto. Dopo tante battaglie, finisce qui la mia strada per arrivare a Parigi”. Ma chi ha imparato a conoscere un Machuca, sa che la parola “Mi arrendo” non esiste nel loro vocabolario. È tornato alla carica per altre vie, ha speso fascino e conoscenze, ancora non lo so. Fatto sta che si è imbarcato con una superba spider a Folkstone ed è già sbarcato in Francia. Bravo Tomas, ci vediamo in Italia!
Ha preso fuoco la numero 1 del rally storico Pechino-Parigi. L’equipaggio sta bene, solo un grande spavento per Tomas de Vargas Machuca, pilota e organizzatore della gara, e per il suo co-driver Ben Cussons, presidente del RAC (Royal Automobile Club inglese).
L’auto è andata distrutta lungo la strada che porta da Baku e Tbilisi in Georgia. L’incidente è stato praticamente trasmesso in diretta da Tomas che come d’abitudine stava inserendo nel blog filmati live ripresi da bordo lungo la giornata. L’equipaggio si era fermato per controllare da dove provenisse un po’ di fumo: l’American La France era quindi a bordo strada e Ben stava indagando sdraiato sotto il motore. Il fumo si è trasformato poco dopo in una fiamma, divampata poi in un terribile incendio con fiamme molto alte e colonne di fumo nerastro.
A bordo, c’erano tutte le suppellettili, tenda e materassini, documenti e carte di credito. I pompieri sono intervenuti nel giro di una decina minuti a spegnere l’incendio.sembra che alcuni effetti personali, tenuti sottovuoto all’interno di pesanti borsoni di pelle, si siano salvati. Di sicuro i passaporti, perché Tomas è intenzionato a volare subito a Londra, prendere un’altra auto storica e tornare in carovana o in Grecia, prima dell’imbarco per Ancona, o a Sanmarino per il finale della prima tappa italiana il 19 giugno.
Di tutto rispetto la prova della numero 1, la American La France del 1914, trasmissione a catena, 9.500 cc. Accanto al navigatore Ben Cussons, presidente del mitico Royal Automobil Club britannico, c’è al volante Tomas de Vargas Machuca, organizzatore del rally: antica nobiltà napoletana, college inglese e studi alla Bocconi, è riuscito dopo cinque anni a far ripartire questo rally, il più antico della storia a livello intercontinentale. “Abbiamo consumato 47,5 litri di olio minerale e bruciato tra oltre duemila litri di carburante. Però, come gli altri concorrenti siamo riusciti a superare piste sassose, tanta sabbia, tremendi tratti di ondulé, valichi fino a 3.500 metri.
Abbiamo dormito in media cinque ore e mezzo a notte, turni di guida impegnativi (nella tappa più lunga, quella di 700 km nel Parco nazionale, siamo rimasti a bordo 18 ore). Abbiamo scelto di provare ad arrivare a Parigi con le nostre forze, tutti i problemi della macchina li abbiamo risolti da soli e possiamo dire con fierezza che fino adesso i meccanici ufficiali non hanno mai messo le mani sulla vettura. Per la lavanderia? Fatti i conti con la cadenza delle giornate di sosta, abbiamo stivato ricambi personali per avere sette giorni di autonomia…”.
Tomas riesce ogni giorno a trasmettere dal vivo i momenti clou: con telefonino e occhiali dotati di mini telecamera, racconta l’avventura con passione e competenza. Per seguirlo, basta andare sul sito endurorally.com e cliccare sull’icona della Peking-Paris. Ma se volete vedere e applaudire la carovana, i superstiti sbarcheranno ad Ancona il 19 giugno, primo traguardo a San Marino, il giorno dopo tappa anche a Genova.
Nella foto, Tomas al lavoro sulla American del 1914 e sullo sfondo rimorchiato da un camion un 4x4 dell’organizzazione.