Pechino-Parigi 1997


Chi torna da un viaggio
non è mai la stessa persona che è partita

(Proverbio cinese)

Alla fine di agosto del ’97, io e Fabio, medico dentista romano, arrivammo a Pechino. A Parigi, la notte precedente, era morta Lady Diana. Immersi nella turbinosa realtà della metropoli cinese, tutti gli avvenimenti europei già ci sembravano lontani perché stavamo per affrontare un rally assolutamente irripetibile e favoloso. Saremmo stati in grado di ben figurare anche noi? La nostra Lancia Flavia coupé, nome di battaglia "Vagabunda", fu la prima a uscire dagli hangar dopo la traversata transoceanica. Ezio Feliciani, il nostro preparatore, ci aveva riservato una sorpresa: le ruote dipinte d'oro...Nel bene e nel male, Vagabunda ci avrebbe accompagnato per 42 giorni, riuscendo a traversare tre deserti, una ventina di guadi, arrampicandosi dieci volte oltre i cinquemila metri. 

Il giorno prima della partenza, in mezzo al surplus abbandonato dai concorrenti prima del via, Francesco Ciriminna si prese quello che amava poi definire “un bel canapone”. Fabio scovò una vecchia lanterna a petrolio. I pesaresi Selci-Campagnoli esibivano completi da fantino Palio di Siena. C'era Herman the German, muscoli giusti per guidare un'auto del 1907, 11 mila di cilindrata, trasmissione a catena (un attacco di ipotermia in Himalaya gli fece rischiare la vita). C'erano i Feit, padre e figlio, entrambi sarebbero morti alle porte di Quetta, in un disgraziato sorpasso. E c'era Phil Surtees, Jeep del '42: durante gli allenamenti si era ferito a una mano, le cure non finivano mai, lui si fece tagliare due falangi pur di poter partire. Francesca Sternberg scoprì dopo la partenza di essere incinta: Tabitha, sua figlia, potrebbe oggi vantarsi di aver corso anche lei, nella pancia della madre, una delle più massacranti gare nella storia dell'automobilismo.

Il regolamento era semplice: orari di partenza e di arrivo al minuto, ogni tappa divisa in settori, alcuni dei quali però con medie micidiali. Per anteguerra e assimilate, tempi più blandi. Gli organizzatori si raccomandavano di alzare le automobili il più possibile, la nostra sembrava un ragno, 30 centimetri da terra. Proibita qualsiasi forma di assistenza esterna predisposta (ma c'è poco da predisporre in Tibet...).